Una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza sulle responsabilità del patronato a cui ci si rivolge per sbrigare pratiche di vario tipo.
Chi sbaglia paga, recita un antico e sempre valido adagio. E chi non è inadempiente, pure. A dirlo sono i giudici della Coorte di Cassazione con l’ordinanza numero 34475/2023 emessa l’11 dicembre scorso. Gli Ermellini si sono pronunciati in merito alle responsabilità del patronato che non assolve il compito conferitogli. E hanno stabilito che la parte lesa – il lavoratore nel caso di specie – ha diritto a un congruo risarcimento. Una decisione con importanti potenziali ricadute.
La Cassazione ha stabilito che la diligenza degli istituti di patronato nell’assistenza agli utenti va valutata come responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, del Codice Civile. Per cui in caso di provata inadempienza sono tenuti a risarcire l’assistito che aveva chiesto aiuto per sbrigare la sua pratica (dalla domanda di accompagnamento alle richieste di esenzioni ai congedi parentali ai bonus asili nido).
I giudici della Suprema Corte hanno fatto riferimento anche alla disciplina prevista dalla L. 152/2001, la quale prevede che il patronato debba esercitare l’attività di informazione, assistenza e tutela a favore dei propri assistiti, con abilitazione a compiere gli atti necessari per il conseguimento delle prestazioni e con pieno potere di rappresentanza. Non solo: il patronato deve adottare la stessa diligenza del buon padre di famiglia.
La vicenda esaminata dai giudici riguardava l’assistenza fornita da un patronato che, nel redigere la domanda di pensione di anzianità per conto di un suo assistito, non aveva verificato in modo corretto la posizione contributiva di quest’ultimo. Risultato: la domanda era stata respinta in prima battuta, salvo poi essere accolta solo grazie all’intervento di un altro patronato. Gli Ermellini hanno ribaltato i giudizi di primo e secondo grado, che avevano visto assolto il patronato, appurando che, data la natura contrattuale del rapporto tra l’ente e l’utente, doveva essere applicato l’art. 1218 c.c.
Nello specifico, secondo la Cassazione il lavoratore ha provato sia la fonte negoziale del proprio diritto (il mandato a presentare la domanda di pensione), sia l’inadempimento del patronato e il danno che ne è derivato (la perdita delle mensilità di pensione non percepite a causa dell’errore di presentazione della domanda). Di qui il riconoscimento del diritto al risarcimento.
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